Il pensiero

Frankl afferma: “Quella che chiamo volontà di significato potrebbe essere definita come la tensione radicale dell’uomo a trovare e realizzare un significato e uno scopo” (Frankl 1998b, p. 50).
Dunque il piacere, in realtà, è l’effetto della realizzazione di un significato, invece di essere il fine della tensione dell’uomo. La potenza, a sua volta, anziché essere la fase finale, è in realtà il mezzo per un fine. Perciò non si dovrebbe esaltare troppo il potere della volontà e insegnare una sorta di volontarismo. “Non si può comandare alla volontà – egli scrive -. Non posso voler volere. E provocare la volontà di significato vuol dire lasciare che il significato risplenda da se stesso” (ibidem, p. 58).

Frankl prende le distanze anche nei confronti del concetto di autorealizzazione di A. H. Maslow. In primo luogo, l’autorealizzazione non è lo scopo ultimo dell’uomo. Essa è solo l’effetto dei compimento di un significato. Solo l’esistenza che realizza fuori di sé può realizzare se stessa. Prendendo l’esempio del boomerang, Frankl osserva: “un’eccessiva spinta verso l’autorealizzazione può costituire la strada verso la frustrazione della volontà di significato” (ibidem, p. 53).

In secondo luogo, Frankl ammette che Maslow, pur riconoscendo alla volontà di significato la qualifica di motivazione primaria, la colloca tra i bisogni superiori dell’uomo, per realizzare i quali “il soddisfacimento dei bisogni inferiori è condizione necessaria” (Frankl 1992, p. 16). A questa tesi egli contrappone due esperienze, apparentemente contraddittorie: da una parte, il mancato soddisfacimento dei bisogni inferiori non impedivano agli internati del Lager di cercare il significato della loro sofferenza e della loro morte, dall’altra, l’esaudimento esagerato dei bisogni inferiori faceva diventare più struggente la domanda di significato: per esempio, l’alcolismo, la diffusione del suicidio, della droga e della aggressività non di rado sono radicati nella sensazione della mancanza del significato (ibidem, pp. 17-22). In base alla considerazione delle due esperienze, Frankl ritiene che la volontà di significato “rappresenta una motivazione sui generis non riconducibile ad altri bisogni né da esse derivabile” (ibidem, p. 16).

Il significato della vita

La tesi centrale della logoterapia è che c’è sempre un significato della vita da realizzare e sta in potere dell’uomo ricercarlo e attuarlo. Tale significato è unico e relazionato ad ogni singola persona e ad ogni singola situazione. “Nel contesto della logoterapia, il significato non rappresenta qualcosa di astratto, ma qualcosa di assolutamente concreto: il concreto significato cioè di una situazione, con cui un’altrettanto concreta persona viene a confrontarsi” (Frankl 2000a, p. 126).
Questo significa l’unicità dei significati. Per Frankl non esiste un significato universale della vita, ma esistono significati unici di situazioni individuali. “Tuttavia fra queste situazioni vi sono anche di quelle che hanno qualcosa di comune e, conseguentemente, vi sono significati condivisi da esseri umani. […] Piuttosto che essere in relazione a situazioni uniche, tali significati hanno riferimento alla condizione umana” (Frankl 1998b, p. 69). Ed ecco perché li chiama ‘valori’ (ibidem, pp. 68-69).
Tre sono le principali direzioni lungo le quali l’uomo può trovare un significato della vita. La prima consiste in ciò che egli fa, nell’opera che crea, e quindi nel lavoro. Frankl parla, in proposito, di ‘valori di creazione‘. La seconda è costituita da ciò che la persona sperimenta e vive, amando pertanto qualcosa o qualcuno: sono i ‘valori di esperienza‘. Ma ci si può anche trovare confrontati con una situazione, che ci sottrae le due possibilità suaccennate per trovare un significato della vita, una situazione che non si può cambiare. Però, resta ancora la possibilità di trasformare il nostro atteggiamento verso di essa, ossia il nostro atteggiamento e noi stessi. Si tratta dei ‘valori di atteggiamento‘. Nessuna situazione della vita è realmente priva di significato. È il caso della tragica triade dell’esistenza umana, formata dal dolore, dalla colpa e dalla morte: “Il dolore si può trasformare in prestazione, la colpa in elevazione, la transitorietà dell’esistenza umana in stimolo per un agire responsabile” (Frankl 2000a, p. 128).

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