Editoriale
Le cifre dicono che il record dell’Italia è spaventoso: 115 donne sono sfruttate sessualmente ogni 100mila abitanti. Ciò vuol dire che tra le 50mila e le 70mila donne per strada tra le mura di night club e di appartamenti offrono sesso a pagamento, con un’età che diminuisce sempre di più.
Tale corsa sfrenata al sesso a pagamento da parte di un numero consistente di uomini è solo dettata dalla ricerca di uno sfogo sessuale o esprime una devianza esistenziale di ben altro tipo? Una volta c’erano gli impiegati, gli operai e anche qualche padre di famiglia frustrato. Oggi la tipologia del cliente si è allargata, è cambiata.
Nel tracciare l’identikit del «cliente» delle prostitute al primo posto si trovano gli insicuri, i quali cercano una rassicurazione sulle proprie capacità di seduzione e la garanzia di non essere respinti. Tramite il denaro possono comprare una prestazione sessuale che li rassicuri psicologicamente sul fatto di essere ancora in grado di conquistare una donna. Sono persone che, considerandosi «indesiderate», provano insicurezza con le persone normali, mentre nel rapporto con una prostituta possono dimostrare a se stessi di essere in grado di ottenere consenso e non essere rifiutati.
I romantici, da parte loro, non solo vogliono essere accettati, ma vogliono conquistare la prostituta, partendo dal presupposto che una donna simile non è attratta da questa vita e, trovato il principe azzurro, è motivata a redimersi. Di conseguenza si sentono eroi, in grado di garantire la felicità a chi è costretta a un lavoro che non corrisponde alla sua vera indole.
I blasè non hanno niente di meglio da fare e cercano la prostituta per essere in compagnia, o perché spinti dalla curiosità di sapere che cosa accade all’interno di questo mondo sconosciuto. I bisognosi, invece, si giustificano con la necessità di dare sfogo a un bisogno fisico, per cui la loro non è questione di piacere o di relazione, ma di pura esigenza fisica.
Mentre i consumatori appagano il loro senso di superiorità scegliendo e possedendo la persona che maggiormente accende la loro fantasia, acquistando la merce migliore, appagando il proprio corpo con un bene particolare e sentendosi protagonisti in un mondo fatto di felicità e di consumo, gli sperimentatori vedono nel rapporto con una prostituta una transazione di mercato, nel senso che possono acquistare tutte quelle prestazioni che non potrebbero ottenere con una persona normale. Particolarmente eccitanti, in tal senso, sono per essi i travestiti e i transessuali.
Per i consumisti la prostituta è come «una macchina da sesso», di fronte alla quale non c’è curiosità. Il lato umano è indifferente e ciò che conta è la capacità, la professionalità e la passione con cui la donna si dedica al completo soddisfacimento del cliente. Una volta conclusosi il contratto, tutto finisce lì, senza storie e senza complicazioni. Non mancano, infine, i tendenzialmente fedeli, ossia coloro per i quali le domande di prestazioni sessuali si associano a relazioni più intense, nel senso che la prostituta prende il posto dell’amante o della seconda moglie e riacquista uno spessore umano. Essi cercano di instaurare un rapporto di amicizia in vista di possibili sviluppi futuri che la disponibilità della prostituta sembra promettere.
In un modo o nell’altro, dunque, l’andare con prostitute è percepito come facente parte di un mondo maschile con le sue complicità e attribuzioni di significato, rigidamente escluso dalla comunicazione con fidanzate, mogli, amiche e persone dell’altro sesso. I ragazzi, infatti, lo cercano come una conferma della propria mascolinità e virilità e, attraverso il confronto con gli amici, cercano una rassicurazione sulle proprie capacità erotiche e sessuali. Per gli adulti è associato a un senso di solitudine psicologica, a difficoltà di interazione e di rapporto con gli altri, a un senso di insicurezza esistenziale che trova parziale e momentanea soluzione nella fantasia di poter scegliere una particolare donna e una particolare prestazione alla quale si accede tramite il denaro che rende certo e sicuro l’esito dell’interazione.
Ciò che maggiormente eccita è la trasgressione, la completa disponibilità della donna, la sensazione di onnipotenza e di completo dominio, che consente di ordinare qualsiasi cosa sapendo di essere immediatamente e silenziosamente obbediti. Il rapporto con la prostituta viene, dunque, vissuto come semplice appagamento del proprio desiderio e del proprio piacere, liberi da ogni preoccupazione legata al fornire una prestazione che sia piacevole e soddisfacente. La prostituta è la femmina sempre disponibile, non chiede, è completamente assoggettata ai desideri del maschio-padrone, è una femmina silente che deve solo esaudire i desideri del maschio.
Se per Viktor E. Frankl «oggi non ci troviamo più a confronto con problemi legati a frustrazioni sessuali come ai tempi di Freud, quanto piuttosto con quelli esistenziali», ne deriva che la prostituzione costituisce un ambito in cui, sempre più frustrato e insicuro della sua capacità di relazionarsi con il sesso opposto, il maschio si rifugia per sfuggire ai vincoli e alle responsabilità richieste dalla formazione e dal mantenimento dei legami di coppia. Ciò dal punto di vista educativo consolida la distinzione tra le donne, per le quali il passaggio alla vita adulta è associato alla formazione di un legame di coppia che crea un nesso forte tra sessualità e rapporto duraturo, e gli uomini, per i quali l’esperienza giovanile della prostituzione fa emergere una distinzione tra soddisfacimento sessuale e amore romantico, tra mondo della passione e universo della relazione di coppia e della famiglia.
Ben a ragione, dunque, Viktor E. Frankl nel corso di un’intervista che mi rilasciò nel 1977 esclamò: «Laddove la sessualità cessa di essere espressione di amore e si trasforma in mezzo per ottenere solo piacere, fallisce miseramente. Quindi, la sessualità deve essere sempre umanizzata. Sul piano umano il partner non diviene un oggetto; rimane un soggetto, e soprattutto non può più essere usato, addirittura abusato, come mezzo per uno scopo, lo scopo di soddisfazioni istintive e tanto meno allo scopo di guadagnare il piacere».
Eugenio Fizzotti
Approfondimenti
Daniele Bruzzone
La Stimmung del vuoto esistenziale e la ricerca di senso
Una riflessione attraverso l’arte contemporanea
La ricerca di surrogati in un contesto di sbandamento esistenziale e di azzeramento affettivo caratterizza drammaticamente il nostro tempo. Ne risente anche l’arte pittorica che propone dipinti i cui protagonisti urlano ma nessuno li ascolta, si guardano ma non hanno nulla da dirsi. La logoterapia propone di riscoprire il livello superiore del senso per raggiungere un’autentica armonia del vivere. Il testo ripropone, senza il supporto dei dipinti, una conferenza tenuta il 19 ottobre 2006 nel Teatro Principal di Burgos (España), in preparazione alla X «Jornadas-Encuentro» dell’AESLO (Asociación Española de Logoterapia).
James M. DuBois
Teoria e terapia dei disturbi mentali
La prospettiva innovatrice di Viktor Frankl
Nell’opera fondamentale Theorie und Therapie der Neurosen (1956) Frankl condensa la sua visione teorica dei disturbi mentali e dimostra la validità delle sue tecniche psicoterapeutiche. La recente traduzione inglese del testo, apparsa con il titolo On the theory and therapy of mental disorders (2004), riporta un’ampia introduzione che permette di comprendere il rapporto tra le categorie nosografiche utilizzate dall’autore e quelle presenti nel DSM-IV-TR e l’ICD-10. Con l’esplicita autorizzazione dell’autore viene qui riproposta tale introduzione in traduzione italiana, condotta da Andrea Tamburrini e supervisionata da Eugenio Fizzotti.
Angela Falcone
Paolo di Tarso alla luce di Viktor E. Frankl
Annotazioni psicologiche e metodologiche
Anche i teologi sono interessati all’approccio frankliano, che può suggerire una visuale nuova e affascinante per interpretare il significato esistenziale della sapienza della croce di Paolo di Tarso. Numerosi sono, infatti, i punti di contatto che, andando al di là delle illusioni effimere del potere e del piacere, fanno scoprire il vero cuore dell’uomo racchiuso in profondità e in autenticità nel vivere l’esistenza come dono d’amore, sempre e dovunque.
Esperienze
Chiara Budini
Anzianità e crescita esistenziale
Analisi comparativa di ricerche sperimentali su sofferenza e malattia
L’esplorazione della domanda esistenziale degli anziani relativamente ai temi della malattia, della depressione, del suicidio, dell’atteggiamento verso la morte propria e altrui dimostra che la crescita esistenziale può superare i limiti fisici della sofferenza grazie alla ricerca di senso, considerata una risorsa estremamente importante. Di particolare interesse è il confronto tra la popolazione anziana e quella giovane che consente di individuare elementi di continuità e di cambiamento della domanda esistenziale nelle diverse fasce d’età.
Giuliano Grossi
Obesità e Percezione di sé
Analisi esplorativa secondo la teoria interpersonale di Lorna Smith Benjamin
Sul piano psicologico vi è sovente una confusione tra bisogni diversi e stanchezza, malessere ed altre esigenze che vengono erroneamente sedate con il cibo che viene appunto associato a sensazioni di sicurezza, soddisfazione, amore e piacere. Partendo dall’ipotesi che il paziente obeso ha problemi di carattere interpersonale e sulla base della Teoria Interpersonale di Lorna Smith Benjamin, o modello SASB, è stata condotta una ricerca sperimentale allo scopo di scoprire quale percezione di sé solitamente abbia il paziente obeso.
Marie de Hennezel
Accettazione della morte e significato dell’esistenza
Anche nelle prove peggiori la vita è presente, imprevedibile, più forte di tutto
Marie de Hennezel, francese, ha lavorato a lungo con pazienti che hanno avuto esperienze di morte imminente. Nel libro Morire a occhi aperti (Torino, Lindau, 2006) racconta la vicenda umana del filosofo Yvan Amar, morto nel 1999 a 49 anni per una grave forma di insufficienza respiratoria. Nonostante le sofferenze dovute alla progressione della malattia, Amar ha sempre rifiutato l’ipotesi dell’eutanasia e anzi ha voluto affrontare fino all’ultimo il suo destino, accettando la morte con serenità e coraggio. Per gentile concessione dell’Editore, si propone qui il capitolo dal titolo «La morte nel cuore della vita» (pp. 39-51).
Gabriele Camelo
I 4380 chilometridi Mario
Uno psicologo con una bicicletta. E un uomo sulla sedia a rotelle. Entrambi a percorrere la stessa strada, pochi chilometri di cemento a unire pianti, lacrime, speranze e desideri mai detti, sempre celati. Eppure il tutto può assumere un senso diverso, all’improvviso, incredibilmente. Così. Su una strada.