Ricerca di senso 2011-1

Archivio

Editoriale
Preoccupante e dilagante, sconcertante e ributtante, frastornante e stomachevole: sono alcuni degli aggettivi con i quali viene descritto il fenomeno dell’abuso sessuale e della pedofilia, assurto agli onori della cronaca in questi ultimi mesi.
Le prime pagine dei giornali, partendo dai raccapriccianti episodi che hanno avuto come protagonisti bambini, ragazzi e adulti, in una girandola di giochi erotici che si sono il più delle volte conclusi tragicamente, hanno reso l’abuso sessuale e la pedofilia oggetto di dibattiti accesi tra esperti da una parte e la gente comune dall’altra. E se le ricerche sociologiche hanno iniziato solo da poco ad analizzarlo a fondo nei risvolti culturali, economici e ambientali, le diagnosi psicologiche, e quelle psicoanalitiche in modo particolare, non si sono mai stancate di avanzare interpretazioni che vanno dall’ «incapacità di reggere un rapporto amoroso adulto» alla «tendenza del pedofilo ad amare, nel bambino, se stesso nel periodo della propria infanzia, adottando lo stesso trattamento subìto o il suo opposto», come sostiene Umberto Galimberti nel Dizionario di psicologia (Novara, De Agostini, 2006, vol. 3, p. 26).
È indubbio che si tratta di una perversione, e non delle più innocue, soprattutto per il coinvolgimento di minori. Tuttavia non sembra che venga a sufficienza sottolineato che, in una certa percentuale, il fenomeno interessa anche adulti e bambini appartenenti alla stessa famiglia. Mentre è di fatto piuttosto stigmatizzato il rapporto incestuoso tra padre e figlia, tra madre e figlio o tra zio e nipote femmina, passa del tutto sotto silenzio quello tra fratello e fratello, tra padre e figlio o tra zio e nipote maschio. E appare quanto mai riduttivo, sia pure apprezzabile nelle intenzioni, il tentativo di arginare il fenomeno istituendo una sorta di «servizio d’ordine» all’ingresso delle scuole primarie, coinvolgendo nonni in pensione e volontari di vario genere, ma dimenticando o forse volutamente chiudendo gli occhi dinanzi al fatto che in tantissimi casi la violenza si va perpetrando proprio all’interno delle mura domestiche.
In un modo o nell’altro il fenomeno, comunque, rappresenta un lancinante grido di allarme che punta il dito su una situazione esistenziale nella quale risulta assente in forma assoluta il rispetto per l’altro, chiunque egli sia, e il suo riconoscimento come realtà in crescita da accompagnare con stima e con attenzione, e non da sfruttare per il proprio piacere.
Eticamente parlando, va allora inquadrato in una prospettiva di totale rifiuto di accettazione e di comprensione dell’altro come persona unica, irripetibile, centro di valori e di speranze, aperto al mondo e al trascendente, bisognoso di essere aiutato a scoprire le proprie energie e di portarle a pieno sviluppo nella linea del bene. Costringere l’altro, specie se minore, a partecipare a giochi erotici e a sottostare a manipolazioni spesso violente fa risaltare unicamente il proprio, individualistico, bisogno di soddisfazione e di ricerca del piacere, nella più assoluta noncuranza delle esigenze altrui.
Quali interventi educativi vanno messi in atto per far fronte al diffondersi dell’abuso sessuale e della pedofilia?
In primo luogo è indispensabile creare in famiglia, a scuola e nei gruppi un clima di sempre maggiore serenità, che consenta al minore di vivere senza lo spettro incalzante di comportamenti violenti da parte dei propri parenti (genitori soprattutto, ma anche fratelli, zii, nonni…) e di esprimere liberamente i propri vissuti, compresi quelli che lo turbano o lo traumatizzano.
Occorre, poi, guardare con attenzione e delicatezza ad alcune manifestazioni del minore che potrebbero costituire dei segnali di disagio: chiusura in se stesso, difficoltà a parlare, sguardo sfuggente, improvvisi e ingiustificati insuccessi scolastici. Nel contempo va verificata la relazione con i coetanei, in cui potrebbero apparire comportamenti reattivi esagerati, quali scatti d’ira e di aggressività, oppure manifestazioni di prepotenza inconsulta, o ancora fughe nell’immaginario. È infine da favorire e da incrementare la partecipazione a gruppi che uniscono l’attività e l’avventura alla formazione integrale, così da consentire al minore un totale coinvolgimento e un’attivazione di tutte le sue energie.
E cosa dire dell’adulto? Tralasciando le minacce di evirazione, che spesso sono state avanzate nei momenti di maggiore emotività, o le proposte di «modificazione del pensiero» (prima si parlava di «lavaggio del cervello») attraverso tecniche manipolatorie, va sottolineato con forza che è indispensabile che egli prenda in seria considerazione le sue tendenze affettive e sessuali e, attraverso l’aiuto di uno specialista, intraprenda un radicale e sistematico cammino di ristrutturazione della propria personalità, prendendo in mano la propria storia infantile, spesso fatta di abbandoni e di violenze, e distanziandosene con coraggio e umiltà.
Nello stesso tempo non va trascurata la necessità di «opere di pentimento», che rendano visibile il suo personale impegno di conversione. È solo, infatti, attraverso questa strada che egli raggiungerà un vero e proprio equilibrio emotivo e l’opinione pubblica, pur se continuerà a «condannare» in maniera comprensibile gli atti di violenza perpetrati sui minori, sarà aiutata ad assumere un «atteggiamento di rispetto» nei confronti della persona che li ha commessi.
Eugenio Fizzotti

Approfondimenti

Viktor E. Frankl
Il monantropismo come risorsa per la pace
Pronunciato nel corso della Conferenza Mondiale su «Il compito dell’Università nella lotta per la pace», celebrata a Vienna dal 25 al 29 agosto 1969, questo breve intervento di Frankl testimonia la sua radicale convinzione che l’autotrascendenza costituisca la premessa indispensabile non solo per affrontare e risolvere problemi psicologici ed esistenziali, ma anche per attivare e realizzare un processo di pace universale. Inserito nel volume collettaneo di Frankl Der leidende Mensch. Anthropologische Grundlagen der Psychotherapie (Bern-Stuttgart-Wien, Huber, 2005, 3ª ed., pp. 62-64), il testo è stato tradotto in italiano da Eugenio Fizzotti.

Sadi Marhaba
Il meta-senso come unico senso possibile. Nuovi orizzonti della visione esistenziale di Viktor E. Frankl
Grazie al meta-senso è possibile ottenere due risultati molto particolari e fuori dall’ordinario: il trasferimento su di sé di dolori destinati ad altri e la scomparsa secca del dolore di altri. Chi cerca il senso con autenticità, cioè con tutto l’umano che ha nel cuore, prima scopre il non-senso e poi si avvicina al meta-senso. Ecco perché negli ultimi anni della sua vita Viktor Frankl amava ascoltare e riascoltare le parole di Qoèlet: «Vanità delle vanità: tutto è vanità»

Eugenio Fizzotti
La trascendenza, base della cura personale e sociale. Inquietudine esistenziale e religiosità personalizzata nel pensiero di Viktor E. Frankl
La cura personale e sociale richiede l’individuazione e la chiarificazione di motivazioni antropologiche radicate in situazioni esistenziali che si rivelano ancorate alla ricerca di significato nei valori della vita. In altri termini, l’essenza della cura personale e sociale è costituita sia dalla lotta al vuoto esistenziale sia dalla riscoperta dei valori, soprattutto religiosi, ritenuti significativi per la propria sussistenza. Il testo qui riportato costituisce la relazione tenuta a Madrid il 16 ottobre 2010 nel corso del Convegno su: «Sentido en el cuidado», svoltosi nei giorni 16 e 17 ottobre 2010.

Daniele Bruzzone
I ragazzi sono cambiati, e gli adulti anche. Nuove direzioni di senso per l’educazione
La condizione degli adolescenti non può essere compresa in termini meramente bio-psicologici come uno «stadio» dell’età evolutiva preordinato geneticamente, ma richiede una lettura più complessa, capace di includere le più significative trasformazioni socioculturali come un fattore determinante. Il cambiamento degli adolescenti è indissolubilmente legato al cambiamento delle generazioni adulte che li hanno generati e, più in generale, con i cambiamenti storici, economici e sociali occorsi nel mondo occidentale negli ultimi decenni.

Marisa D’Alessio, Fiorenzo Laghi, Roberto Baiocco
Ricerca di senso e prospettiva temporale in adolescenza. La nozione di tempo come fattore di costruzione della propria identità
Gli adolescenti che più destano preoccupazione, soprattutto per gli educatori, sono coloro che hanno un Presente fortemente fatalista e credono che la più alta aspirazione possa realizzarsi solo con l’intervento di un’autorità divina. La religione, in questo caso, rappresenta per l’adolescente una sicurezza ma anche un pericolo perché non permette di poter assolvere i compiti di sviluppo tipici di questa fascia di età. Ci troviamo dinnanzi a una situazione di rischio, uno stato di chiusura dell’identità dove, pur avendo effettuato precise scelte rispetto alla propria identità, l’adolescente non sperimenta alcun periodo di attiva esplorazione. Inserito nel volume Adolescenti in ricerca. Itinerari di sviluppo tra dubbi e certezze a cura di E. Fizzotti (Roma, Las, 2007, pp. 173-196), lo studio viene riproposto come segno di gratitudine per la prof.ssa Marisa D’Alessio, Preside della Facoltà di Psicologia dell’Università «La Sapienza» di Roma, purtroppo scomparsa dopo un lungo periodo di sofferenza, il 31 ottobre 2010.

Ermanno Pavesi
Viktor Frankl e la crisi della concezione personalistica dell’uomo. Introduzione al volume La porta della felicità di Eugenio Fizzotti
Nel suo recente volume La porta della felicità. L’esistenza umana alla luce del pensiero di Viktor E. Frankl (2011), Eugenio Fizzotti espone il pensiero di Frankl tratteggiando con precisione il panorama della psicologia del secolo scorso e descrivendone le più importanti correnti. Ne emerge un panorama caratterizzato dal confronto — e dallo scontro — con alcuni indirizzi che hanno egemonizzato la psicologia e la psicoterapia accademica, come quello biologico, psicoanalitico, comportamentale e sociale. A tale volume Ermanno Pavesi ha scritto un’introduzione che viene qui riportata con l’autorizzazione sia dell’autore che dell’editore.

Esperienze

Paola Giovetti
Viktor E. Frankl, splendido fenomenologo dell’amore. Intervista a Giambattista Torellò
La pubblicazione in lingua italiana nel 1967 del libro di Viktor E. Frankl Uno psicologo nei Lager (Milano, Ares), giunto alla 20ª edizione nel 2009, si deve a Giambattista Torellò, medico, psichiatra e sacerdote cattolico, nato a Barcellona (Spagna), vissuto a lungo in Italia, impegnato pastoralmente dal 1964 nella Peterskirche di Vienna, dove il 7 novembre 2010 ha avuto luogo una cerimonia religiosa per festeggiare il suo novantesimo compleanno. Essendo stato per decenni amico di Viktor E. Frankl, ha partecipato ai festeggiamenti anche la signora Elly Frankl con tutta la sua famiglia. Con l’autorizzazione dell’autrice, viene qui riportata l’intervista che Paola Giovetti fece a Giambattista Torellò e inserì nel volume Viktor Frankl. Vita e opere del fondatore della logoterapia (Roma, Mediterranee, 2001, pp. 90-94).

Eugenio Fizzotti
Vita da atleta in pedana e sulla carrozzina. L’indimenticabile testimonianza di Federico Chiarugi
Alla base dell’esperienza di Federico Chiarugi c’è stato un patrimonio di valori che, frutto di meditazione personale e di una profonda relazione con altri che stimava e riteneva interlocutori di fiducia, si chiamano coraggio, forza, talento, aspirazione, successo, felicità, spensieratezza, amore, umiltà, perdono, solidarietà, carità, pazienza, perseveranza, volontà, esperienza, sacrificio. Nel corso del Congresso internazionale «Ri-cercatori di senso», svoltosi dal 26 al 28 ottobre 2007 all’Università Salesiana di Roma, Federico Chiarugi tenne un intervento molto apprezzato, che fu pubblicato nel n. 3 del 2008 di questa rivista alle pagine 375-380 con il titolo «L’altra faccia della medaglia: competere per vivere?». A tale pubblicazione fanno riferimento le citazioni che vengono riportate in questo testo, che ha visto la luce a p. 7 del quotidiano «L’Osservatore Romano» del 24 giugno 2010, in occasione del secondo anniversario della morte.

Gabriele Camelo
Gli ultimi sono i primi. Essere anziani e aiutare gli altri
La Comunità di Sant’Egidio è una comunità mondiale, che si occupa degli ultimi: senzatetto, immigrati, anziani, ragazzi di strada, donne abbandonate, sieropositivi. In modo particolare i volontari che vi fanno parte si impegnano quotidianamente a far sì che gli ultimi diventino primi, mettendo in relazione classi sociali differenti e generazioni diverse, dando la possibilità a chiunque collabori di dare — letteralmente — un senso alla propria vita.